La visita prosegue con il blocco D, quello dell’isolamento: qui le celle sono leggermente più grandi, ma appaiono più fredde e buie. Delle 336 celle del carcere, queste erano le più temute: chi era detenuto qui restava in cella 24 ore al giorno e aveva diritto ad una sola visita settimanale al cortile, in solitudine, scortato dalle guardie. Passiamo oltre e arriviamo alla libreria, che ospitava ben 15.000 volumi di vario genere e argomento (ma nessuno riguardante sesso, crimini o violenza), un luogo il cui accesso i prigionieri dovevano guadagnarsi comportandosi in modo corretto e disciplinato.
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La ricostruzione dell'interno di una cella: ad alcuni detenuti era consentito dipingere |
E’ il momento del racconto della battaglia di Alcatraz, un tentativo di fuga avvenuto nel maggio 1946, quando sei detenuti riuscirono a scappare dalle celle (utilizzando uno strumento – formato da un tubo, un dado e un bullone – che si erano costruiti per allargare lo spazio tra le sbarre) e ad impadronirsi di fucili e pistole. La rivolta durò due giorni, sull’isola arrivarono persino i Marines, due guardie persero la vita e numerosi detenuti rimasero feriti dagli scontri a fuoco, ma alla fine i tre fuggiaschi sopravvissuti si arresero: due di loro furono condannati a morte, al terzo vennero riconosciute attenuanti e restò in carcere fino al 1973. Ancora oggi nei muri e nel pavimento di alcune zone della prigione è possibile vedere i segni delle sparatorie.
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Giochi, libri e strumenti musicali erano privilegi da guadagnarsi con la disciplina |
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La scatola sulla sinistra permetteva al detenuto di ascoltare la radio |
Nel successivo braccio del carcere è ricostruito l'ambiente interno delle celle, possiamo così vedere come si presentavano quando un detenuto viveva lì dentro: sulle mensole ci sono oggetti personali, nella cella si trovano quadri e lavori a maglia realizzati dal prigioniero, un domino, una dama, libri e riviste, un posacenere e persino una fisarmonica.
In alcune celle inoltre era installata una scatola con due ingressi per le cuffie in cui venivano distribuiti i segnali di due canali radio. L’audioguida ci dice che queste celle sono rivolte verso San Francisco e i rumori e i suoni provenienti dalla città, come le musiche dei giorni di festa, ricordavano ai carcerati ciò che stavano perdendo della loro vita.![]() |
San Francisco dal cortile dell'edificio amministrativo: notate le lunghe strade che risalgono le colline sulla destra della foto? |
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Il buco attraverso cui un detenuto è riuscito a scappare dalla prigione nel 1962 |
Superiamo la zona dei visitatori e accediamo all’edificio amministrativo, che ospita gli uffici delle trasmissioni, delle guardie e del direttore. Da questa zona si accede a un cortile privo di alte mura che ostacolerebbero l’ottima vista della città che invece si ha: il cielo continua ad essere coperto da nubi grigie che avvolgono i grattacieli più alti. Rientriamo nella prigione, dove ci viene raccontata la più grande fuga terminata con successo. È il giugno del 1962, quando tre detenuti terminano di spaccare il muro delle loro celle, dopo un paio di settimane di lavoro e utilizzando un semplice cucchiaino rubato dalla cucina, riuscendo a scappare per il condotto dell’areazione, da cui raggiungono il tetto dell’edificio, quindi la baia per lasciare per sempre l’isola: la loro impresa è raccontata dal film del 1979 Fuga da Alcatraz con Clint Eastwood. Le guardie si accorsero della fuga e iniziarono le ricerche troppo tardi, anche perché i tre detenuti lasciarono nel letto della loro cella dei fantocci con tanto di teste finte.
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21 marzo 1963: il menù dell'ultimo colazione ad Alcatraz |
E’ il momento del pranzo, quello dei detenuti: raggiungiamo la grande sala in cui venivano consumati i pasti, con in fondo la cucina, dove lavoravano gli stessi prigionieri. Il buon vitto offerto era un modo per non creare rischiosi malumori, la regola per i pasti era “prendi tutto quello che vuoi, mangia tutto quello che prendi”. L’audioguida ci ricorda quanto fosse pericoloso questo momento della giornata, con tutti i detenuti raccolti in un punto solo e per di più con coltelli in mano: sul soffitto si notano serbatoi pronti a liberare gas lacrimogeno per sedare rivolte, fortunatamente mai entrati in funzione. Il locale purtroppo è sgombro dai tavoli e sono presenti solo alcune panche, ma su un pannello è possibile leggere il menù della colazione del 21 marzo 1963, l’ultima colazione consumata in questo locale, perché quello fu il giorno in cui il carcere chiuse i battenti: celebri restano le parole dell’ultimo prigioniero che lasciò la prigione, “Alcatraz non è mai stato nulla di buono per nessuno”.
Qui termina l’audio tour, riconsegniamo le cuffie e lasciamo l’edificio, passando per il negozio di souvenir e libri. Il tour è stata un’esperienza solitaria, sei solo con la voce narrante, completamente coinvolto dal racconto: tolte le cuffie, rifletto con il mio amico su ciò che abbiamo visto e sentito, su quanto questa visita sia stata profonda e interessante, su quanto sia stata un’ottima scelta raggiungere l’isola. Ci incamminiamo verso il porto. Sono quasi le 11:00 e il traghetto sta per tornare alla terraferma: noi dobbiamo ancora raggiungere il Golden Gate Bridge per poi ritirare l’auto alle 14:00, quindi decidiamo che quella nave non deve salpare senza di noi a bordo! E così ci mettiamo a correre, giù per la discesa e, letteralmente fuggendo da Alcatraz, prendiamo l’imbarcazione al volo, poco prima della sua partenza.
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Mentre lasciamo l'isola prigione, le nuvole si aprono concedendoci la vista dell'azzurro del cielo |
Raggiungiamo nuovamente il terrazzo del traghetto e ci godiamo il viaggio di ritorno: questa volta, purtroppo, l’isola diventerà sempre più piccola ma ormai l’abbiamo conosciuta, ci ha svelato la sua storia ed alcuni dei suoi segreti e il suo ricordo resterà vivo a lungo. Una bandiera americana sventola di fronte a noi, incorniciando l’isola in stelle e strisce e, durante il breve viaggio, come se fossero tende di un teatro che si aprono svelando una nuova scenografia, le nubi sopra le nostre teste iniziano a diradarsi, scoprendo l’azzurro del cielo.
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