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Giorno 3: a piedi lungo il Golden Gate Bridge e il primo imprevisto con l’auto

Prima di lasciare per sempre San Francisco dobbiamo tornare a far visita a uno dei simboli della città: il Golden Gate Bridge. Abbiamo solo tre ore prima di recarci all'autonoleggio e ritirare l'auto, quindi per risparmiare tempo decidiamo di raggiungere il ponte in taxi. Arriviamo a destinazione alle 11:30: la nebbia è alta e riusciamo così ad apprezzare l’imponenza del ponte che si lancia sopra il mare dello stretto da cui prende il nome. Molte persone percorrono la via ciclopedonale, ci uniamo a loro: camminando sul ponte siamo sferzati da un vento freddo e mentre avanziamo la prima delle due torri che sostengono il ponte tenendo tirati i grossi cavi d’acciaio si mostra a noi in tutta la sua grandezza. Alla nostra sinistra le automobili scorrono lungo ben 6 corsie e i sensi di marcia sono distinti da paletti gialli che spuntano dalla pavimentazione e che mi sembrano vagamente pericolosi, mentre guardando a destra riusciamo a scorgere l’isola di Alcatraz da un’angolazione nuova, scorgendo la sua costa più rocciosa.

Il fascino del Golden Gate Bridge è dovuto anche alla misteriosa nebbia che lo avvolge

Giungiamo ai piedi della prima torre, un gigante di cui non riusciamo a scorgere la fine, che si perde nella nebbia. Noto le scale utilizzate dagli operai per i lavori di manutenzione della struttura: non soffro di vertigini, ma lo spettacolo è da brividi! Le scale sembrano piccolissime, così come le passerelle, e penso a quanto forte deve soffiare il vento lassù, già fastidioso all'altezza a cui mi trovo. Ci fermiamo qualche minuto a contemplare il fascino del ponte e della baia e in lontananza scorgiamo il Bay Bridge, che attraverseremo tra poche ore e che ci porterà fuori dalla città.

Giorno 3: nel cuore della prigione


La visita prosegue con il blocco D, quello dell’isolamento: qui le celle sono leggermente più grandi, ma appaiono più fredde e buie. Delle 336 celle del carcere, queste erano le più temute: chi era detenuto qui restava in cella 24 ore al giorno e aveva diritto ad una sola visita settimanale al cortile, in solitudine, scortato dalle guardie. Passiamo oltre e arriviamo alla libreria, che ospitava ben 15.000 volumi di vario genere e argomento (ma nessuno riguardante sesso, crimini o violenza), un luogo il cui accesso i prigionieri dovevano guadagnarsi comportandosi in modo corretto e disciplinato.

La ricostruzione dell'interno di una cella: ad alcuni
detenuti era consentito dipingere

E’ il momento del racconto della battaglia di Alcatraz, un tentativo di fuga avvenuto nel maggio 1946, quando sei detenuti riuscirono a scappare dalle celle (utilizzando uno strumento – formato da un tubo, un dado e un bullone – che si erano costruiti per allargare lo spazio tra le sbarre) e ad impadronirsi di fucili e pistole. La rivolta durò due giorni, sull’isola arrivarono persino i Marines, due guardie persero la vita e numerosi detenuti rimasero feriti dagli scontri a fuoco, ma alla fine i tre fuggiaschi sopravvissuti si arresero: due di loro furono condannati a morte, al terzo vennero riconosciute attenuanti e restò in carcere fino al 1973. Ancora oggi nei muri e nel pavimento di alcune zone della prigione è possibile vedere i segni delle sparatorie.

Giorno 3: il nostro ingresso ad Alcatraz


Di fronte al Building 64 ascoltiamo il discorso di benvenuto di un membro del National Park Service che, insieme all'ex-guardia oggi scrittore Ernest Lageson, inizia a raccontarci la storia dell’isola e ad indicarci la posizione dei bagni, la risposta alla domanda che più spesso gli viene posta, ci dice. Terminita la presentazione, ci avviamo verso l’edificio principale dell’isola, quello che ospita le celle, posto sulla sommità della collina. Durante la camminata superiamo edifici abbandonati, alcuni in rovina, segnati dal passare del tempo: si ha l’impressione che l’isola si sia fermata al 1963, anno della chiusura del carcere e da allora sia lasciata al suo destino, popolata soltanto da stormi di uccelli marini. Le targhette sugli edifici, indicanti ad esempio le residenze dei militari e delle loro famiglie, la centrale elettrica, la lavanderia e l’ufficio postale, ricordano che sull’isola non c’era solo una prigione ma un complesso sistema che la manteneva in vita, un sistema così costoso da decretarne la chiusura.

Uno dei tanti uccelli che sorvegliano la prigione

Entrati nell’edificio principale, riceviamo la preziosa audioguida che ci accompagnerà lungo il nostro tour, grazie alla voce narrante, disponibile anche in italiano, che ci guida in un percorso all’interno della prigione, raccontando aneddoti su ciò che stiamo vedendo, dando voce alle guardie e ai prigionieri del carcere, coinvolgendoci con musiche ed effetti sonori, ottenendo la nostra totale attenzione. La maggior parte dei visitatori porta le cuffie ed è intento ad ascoltare l’audioguida, cosicché non ci sono turisti che chiacchierano, gridano o si agitano, rovinando l’atmosfera.


Giorno 3: in viaggio verso Alcatraz


La sveglia suona alle 7:30: è il nostro ultimo giorno a San Francisco e il nostro primo pensiero va al pomeriggio, quando ritireremo l'auto e affronteremo per la prima volta le highway americane, portando il contachilometri a quota 300, per l'inizio di un viaggio che ci porterà oltre i 4.000. Ma prima di lasciarci alle spalle la città e buttarci sulle lunghe, dritte e indimenticabili strade degli States, su cui tanto abbiamo fantasticato, dobbiamo ancora fare due cose importanti: la visita di Alcatraz e il ritorno al Golden Gate Bridge. Anche oggi facciamo colazione allo Starbucks di fronte al nostro hotel, locale di cui apprezziamo, oltre a caramel macchiato e brioche, quel mix di atmosfera distesa ed informale ma allo stesso tempo curata, che fa sì che un probabile uomo d'affari si sieda allo stesso tavolo di una giovane studentessa e consumino insieme la colazione, lui lavorando al portatile, lei leggendo una rivista giovanile. Terminata la colazione, ci rechiamo alla vicina fermata del pullman e in mezz’oretta raggiungiamo il Pier 33, da dove partiremo alla volta dell’isola.

Il tempo è ideale per la visita all'isola prigione

Abbiamo comprato i biglietti del tour in Italia, con qualche mese d'anticipo, così possiamo dirigerci direttamente all'imbarco: prima di salire sul traghetto ci viene fatta una foto ricordo davanti a uno sfondo verde, su cui digitalmente verrà piazzato un profilo dell'isola per un effetto molto realistico. Una volta a bordo raggiungiamo il terrazzo al secondo piano: si parte. L'isola è davanti a noi, all'orizzonte, volgendo lo sguardo verso sinistra possiamo apprezzare in tutta la sua lunghezza il Golden Gate Bridge, le cui torri sono già avvolte dalla nebbia. Il sole di ieri è un ricordo, il cielo di oggi, coperto da nubi pesanti, assume una tonalità chiara di grigio e riflesso nel mare gli dà un colore freddo, che sembra evidenziare quanto gelida dev’essere l’acqua della baia. E il tempo sembra ricordarci ciò che stiamo per visitare, una prigione, la più famosa del mondo: un sole splendente su un mare azzurrissimo sarebbe stato inadatto alla nostra meta. 

Giorno 2: cala la notte su San Francisco



Sono le 20:30, ci lasciamo alle spalle il Golden Gate Bridge e ci dirigiamo nuovamente a Fisherman’s Wharf per cena: nonostante le difficoltà che abbiamo avuto (e il tempo che abbiamo impiegato) nel raggiungere il ponte con i mezzi pubblici decidiamo di non prendere taxi e di affidarci nuovamente a un pullman, che ci porta nei pressi di Fort Mason. Arrivati al capolinea chiediamo all’autista la strada più breve per raggiungere la nostra destinazione, questo ci fissa per bene, ride e ci chiede se davvero, a quest’ora, vogliamo arrivarci a piedi: bravo, è proprio la nostra idea! Ci spiega allora che dobbiamo attraversare il parco, ma la notte è scesa velocemente su San Francisco, il cielo è nero e la strada brilla solo della luce della luna e, soprattutto, di qualche sporadico lampione. Ci viene il sospetto che attraversare un parco poco illuminato, di sera come turisti solitari non è forse l’esperienza più consigliata, ma non ci pensiamo molto e varchiamo l’ingresso del Fort Mason Park.


Camminando sul lungomare nella fredda serata di San Francisco

Appena entrati, siamo i soli nel parco e avere una torcia con noi farebbe comodo, anche se guasterebbe un po’ l’atmosfera: la scena è da thriller, ma non la trama. Avanziamo oltre una salita e il nostro sguardo spazia sulla baia della città, al cui centro scorgiamo le luci accese sull’isola di Alcatraz e soprattutto il suo faro, la cui luce gira a 360° puntando prima la costa e poi il mare (o forse è il contrario...). Man mano che avanziamo si rivela il profilo illuminato della città, ma ciò che più mi stupirà compare di fronte ai miei occhi, poco più avanti lungo la strada che stiamo percorrendo, quando scorgo una serie di luci sobbalzanti muoversi ad altezza uomo: se a un certo punto ho temuto che nel parco si nascondesse qualche malintenzionato mi sbagliavo, le luci che vedo di fronte a me sono fanalini di biciclette e led legati alle teste di sportivi, ciclisti e corridori, che si mantengono in forma approfittando della quiete serale per una passeggiata o una corsetta. E così, il parco solitario si anima in un modo che proprio non mi aspettavo.

Giorno 2: il viaggio in cable car e la foschia del Golden Gate Bridge

Alla fermata del cable car troviamo un pò di persone in attesa sul marciapiede: siamo sulla linea Hyde-Powell, la più apprezzata dai turisti perché presenta la pendenza più elevata, e abbiamo deciso di non cominciare il viaggio da un capolinea, probabilmente ancora più affollato. Sono le 16:30, la temperatura sta iniziando a calare e un vento freddo ci soffia addosso. L’attesa – ma è solo la prima! - non dura molto e come un corpo solo la piccola folla si agita e si muove verso la carrozza in arrivo, da cui spunta uno dei due addetti che però annuncia esserci posto per una sola persona! Il "fortunato" sale a bordo e tutti gli altri, tra cui io e il mio amico, si rimettono in paziente attesa. Dopo circa un quarto d’ora un suono metallico, una vibrazione, proviene dal centro della strada, nel solco in cui scorre senza tregua il cavo d’acciaio che traina il veicolo, veicolo che non tarda ad apparire alla nostra vista. Questa volta la folla si muove ancora più decisa e qualcuno salta a bordo, saltando però anche la coda! Una signora grida “there’s a queue!” (“c’è una coda!”) – la stessa signora non si farà però scrupoli nel tentare di passare davanti a noi, alla prossima occasione… –, l’addetto al mezzo riporta l’ordine e fa salire 5 o 6 persone, ma non tocca ancora a noi. 

Il cable car, il mezzo trasporto più esclusivo di San Francisco!

Passerà un altro mezzo prima che riusciremo a salire, dopo un attesa di quasi un’ora: veniamo fatti accomodare all’interno del veicolo e non potremo così gustarci l’esperienza di un viaggio aggrappati all’esterno della carrozza! Il cable car riprende il suo viaggio - l’autista suona una campana per farsi chiassosamente largo tra i mezzi che occupano la strada - e presto intraprende lentamente una lunga salita che sarà teatro di un’insolita e simpatica sfida con un ciclista, che in un primo momento riesce a tenere il passo per poi venire sorpassato ma avere la meglio quando la nostra carrozza farà sosta a una fermata nel mezzo di una discesa. Quando arriviamo nei pressi del Financial District, scendiamo: l’esperienza non mi ha entusiasmato perché stando all’interno sembra quasi di essere a bordo di un normale pullman affollato e la lunga attesa non ne è valsa la pena, ma era senz’altro una cosa da provare!

Giorno 2: un pomeriggio di salite, dal Pier 39 alla Coit Tower e a Lombard Street

Dopo pranzo passeggiamo un po’ per Fisherman’s Wharf, un quartiere allegro e vivace, ricco di negozi e locali e affollato di turisti. Il sole alto nel cielo terso irradia la baia, regalandoci panorami affascinanti. Camminando lungomare incontriamo artisti di strada e bancarelle che vendono pesce fritto, granchi e la clam chowder, la tradizionale zuppa di vongole servita calda all’interno di un grosso panino scavato. Nel porto sono ormeggiate numerose barche e traghetti turistici. Arriviamo dinanzi a Boudin Bakery, un panificio in cui si realizzano particolari composizioni con il pane: in vetrina è esposto un grande coccodrillo e una ragazza sta creando altri animali. 

Il granchio simbolo di Fisherman's Wharf
Il granchio simbolo di Fisherman's Wharf

Continuando a camminare, raggiungiamo il molo più famoso, il Pier 39, una grande attrazione turistica: avvicinandosi si ha l’impressione di entrare nell’area dei pirati di un parco divertimenti, sembra un piccolo villaggio costruito su due piani con passerelle, scale e alcuni edifici in legno. Il molo ospita ristoranti, tra cui un Bubba Gump, e numerosi negozi. Dal molo guardiamo il curioso spettacolo offerto da decide di rumoreggianti leoni marini della California adagiati su alcuni pontili lasciati liberi per ospitarli: alcuni si riposano al sole, alcuni si tuffano nell’acqua fresca, altri sono in lotta per ottenere il posto migliore. Ci muoviamo tra i negozi, noto degli enormi gelati in cialda dall’aspetto delizioso ma prima che io possa comprarne uno resto incantato da una voce che canta We are young dei Fun: è una giovane ragazza di colore, la seguo finché non smette di cantare… Quindi mi risveglio dall’incantesimo e ci prepariamo a lasciare il Pier 39.

Giorno 2: dalla pace del Golden Gate Park al caotico Fisherman's Wharf

Sono le 11:30 quando entriamo nel Golden Gate Park: questa città continua a sorprenderci! Ci immergiamo nel parco, dopo pochi passi dimentichiamo di essere in una metropoli da un milione di abitanti e ci ritroviamo all’interno di un grande bosco dai sentieri ben curati. Incontriamo molti scoiattoli e un nemico imprevisto: gli innaffiatori automatici! Sono sparsi un po’ ovunque e la loro presenza è anticipata da un rumore meccanico: ruotano su loro stessi e sparano acqua in ogni dove, senza risparmiare i visitatori del parco! La loro massiccia presenta interrompe o accelera la camminata sui sentieri e in alcuni punti, come sull’isola in mezzo allo Stow Lake, può essere impegnativo evitarli! Scherzi a parte, il parco (tranne per gli spruzzini) emana un’atmosfera di pace e tranquillità: c’è un grande silenzio e la passeggiata è davvero piacevole.


La cascata dell'isola dello Stow Lake

Superiamo il Conservatorio dei fiori, una grande serra bianca in stile vittoriano, quindi raggiungiamo lo Young Memorial Museum, un basso edificio coperto da pannelli in rame sede di un museo d’arte. Continuando a camminare, passiamo accanto al Japanese Tea Garden, di cui vediamo dal sentiero le due pagode, e arriviamo allo Stow Lake, un lago artificiale: raggiungiamo l’isola che sorge al suo interno, proseguiamo fino alla splendida cascata che scorre giù dalla Strawberry Hill e arriviamo nei pressi di una piccola struttura orientaleggiante, dove un signore sta praticando Tai Chi. 

Giorno 2: è un nuovo giorno a San Francisco!



La sveglia suona alle 7:30: il primo giorno in America inizia presto. La mattina è fresca, mi vesto a strati per poter affrontare al meglio ogni cambiamento climatico della giornata! Oggi visiteremo in lungo e in largo San Francisco: l’antipasto di ieri ci ha reso entusiasti e carichi, quindi lasciamo l’hotel pieni di aspettative. Anche oggi il sole splende in un cielo azzurrissimo e per strada molti camminano sorseggiando del caffè caldo nel tipico bicchiere di carta, un’altra di quelle scene viste tante volte nei film americani! Di fronte all’hotel c’è uno Starbucks, dove ci fermiamo a fare colazione: brioche e caramel macchiato, non è il caffè lungo americano ma una deliziosa bevanda al gusto di caramello che diventerà la nostra preferita qui in America. Sorseggiare una bevanda calda camminando per le strade di San Francisco accompagnati da un fresco venticello non ha prezzo!

Camminando per il quartiere di Haight-Ashbury
Camminando per il quartiere di Haight-Ashbury

Pensavamo di recarci al visitor center di Hallidie Plaza per ottenere una mappa della città e delle linee di trasporto del servizio pubblico (MUNI), ma a pochi passi dallo Starbucks troviamo un distributore automatico di giornali: sono vetrinette che si trovano in genere vicino alle fermate degli autobus e agli incroci più importanti in cui, dopo aver inserito i soldi, si apre lo sportello del giornale scelto e se ne prende una copia. Qui trovo la rivista gratuita Bay City Guide che contiene un’utile mappa della città e del Golden Gate Park, e la Free Visitor Map, una mappa più dettagliata con riportate anche le linee della MUNI: ne prendo una copia per ognuna. Siamo finalmente pronti a iniziare il nostro tour per la città: le cose che abbiamo scelto di vedere sono molte e ci fermeremo un solo giorno in questa fantastica metropoli. Ancora non lo sappiamo, ma a fine giornata avremo percorso circa 50 km, di cui una ventina a piedi e gli altri a bordo della metro, di pullman, di tram e del cable car.

Giorno 1: quattro passi a San Francisco


Sono le 19:30 quando lasciamo l’hotel, è il nostro primo giro spensierato per San Francisco e, la prima cosa che facciamo una volta scesi in strada è… risalire in camera! Fa troppo freddo, ci sono 18 °C, e il nostro abbigliamento non è adatto: mi vesto per bene, quindi riusciamo. Soffia un vento freddo, vorrei avere una sciarpa ma tant’è, attraversiamo la Porta del Drago e ci ritroviamo in Chinatown.

La Porta del Drago, l'accesso al quartiere di Chinatown
La Porta del Drago, l'accesso al quartiere di Chinatown

La via è fitta di negozi: se non fosse per i grattacieli del vicino financial district che svettano oltre i vecchi edifici del quartiere si potrebbe pensare di essere finiti in un paesino cinese. E la Cina qui è ovunque: nei negozi e per strada incontriamo tantissime persone di quella che è la più grande comunità cinese fuori dall’Asia, ovunque ci sono ideogrammi, lanterne e anche l’architettura richiama l’estremo oriente. 

Giorno 1: l’impatto con San Francisco


Sbrigata l’immigration e recuperati i bagagli lasciamo l’aeroporto: sono le 17.00, e ci dirigiamo verso la stazione della BART, il sistema ferroviario che collega le aree della baia di San Francisco. L’hotel che abbiamo prenotato si trova di fianco alla Porta del Drago, l’ingresso del quartiere di Chinatown, nel cuore della città: per arrivarci dobbiamo comprare un biglietto fino alla stazione di Montgomery Street, ma l’impresa è più ardua del previsto… Il display della macchinetta stampa biglietti è fitto di scritte e non mi consente di indicare la fermata o scegliere la linea o la zona di destinazione: dopo qualche minuto di attento ma inconcludente studio del monitor un’addetta della BART si avvicina e ci chiede ironicamente “Non sapete cosa fare o non sapete come farlo?!”. Le spiego dove voglio andare, lei digita una serie di comandi, quindi mi dice in modo estremamente veloce di premere “una volta 5 $, tre volte 1 $ e due volte 5 ¢”, in modo di selezionare l’importo di 8,10 $, il costo del biglietto! Con grande impaccio compio i comandi necessari, si apre uno sportellino in cui infilo i soldi e finalmente ottengo il biglietto! Ringraziamo la signora americana e, divertiti per l’accaduto, prendiamo il treno che ci porterà nel cuore della metropoli.

San Francisco, sullo sfondo il 345 California Center
San Francisco, sullo sfondo il 345 California Center

Durante il viaggio in treno possiamo vedere i primi scorci di America. Vedo la mia prima highway costituita da 4 corsie per senso di marcia, con automobili che si sorpassano indistintamente a destra e a sinistra. Sul treno noto i cartelli che invitano a lasciare i posti alle persone anziane: cartelli di questo tipo, che riportano norme di buona educazione e buonsenso, li troveremo spesso, accompagnati dalla frase It’s the law (“E’ la legge”), con il riferimento alla legge federale che trasforma un comportamento corretto ma facoltativo in obbligatorio.

Giorno 1: in volo verso gli Stati Uniti


Il gran giorno è arrivato: dopo mesi di preparazione finalmente si parte! Sveglia a un orario folle per essere in aeroporto con almeno due ore di anticipo, arriviamo a Linate verso le 5:00 e lo scenario che ci si presenta è, come spasso accade, caotico: centinaia di persone si spostano con le proprie valigie alla ricerca della propria meta… Qualche problema con le macchine per il check-in automatico, che non riconoscono la nostra prenotazione, poi finalmente consegniamo il bagaglio di stiva (chiediamo se lo ritireremo direttamente a San Francisco, prima ci viene detto “forse” e poi “sì”…), quindi ci presentiamo all'imbarco!

A più di 10.000 metri sopra l'Atlantico
A più di 10.000 metri sopra l'Atlantico

Il volo (Alitalia) verso Londra passa velocemente, in fondo la tratta è di sole 2 ore (nulla in confronto con la prossima!), e ne approfitto per riposare un po’. Arriviamo a Londra in orario, aeroporto di Heathrow. Ci aspetta una pausa di 4 ore prima di ripartire, ma per fortuna l’area del duty free è enorme! Prendiamo un pullman per raggiungere il nostro terminal: mi accorgo che stiamo andando contromano, poi mi ricordo che siamo in Inghilterra…