Dormire negli Stati Uniti: come scegliere e come prenotare le varie strutture (parte 1 di 2)

Dopo aver scritto un programma più o meno preciso e articolato del vostro tour, aver comprato i biglietti per volare negli States e aver fatto richiesta del passaporto, è il momento di dedicarsi alla selezione delle strutture che vi ospiteranno durante le ore di riposo della vostra avventura. Il mio consiglio è di prenotare tutti gli hotel dall’Italia, sarete così obbligati a raggiungere ogni giorno una meta prefissata e questo è di certo vincolante ma, allo stesso tempo, non perderete tempo nel cercare strutture con posti letto liberi e prezzi abbordabili. Vediamo qualche consiglio su come svolgere il lavoro di ricerca e di prenotazione. 

Accontentatevi di dormire anche in un appartamento piccolo come questo (che ricorda
un pò un garage) se la struttura si trova in una località comoda sul vostro percorso

La città di fine tappa. Per prenotare dovete sapere in quale città vi fermerete alla fine della giornata. Se avete intenzione di visitare un parco al giorno e nello stesso giorno fare un po’ di strada per raggiungerlo o avvicinarsi al parco successivo, mettendo in ordine i parchi che volete visitare e considerando anche che alcuni sono migliori in determinate ore del giorno (ad esempio, la Death Valley il mattino presto per evitare le ore più calde e la Monument Valley verso il tramonto per ammirare le ombre rosse allungarsi sulla terra spoglia), vi accorgerete che le possibili città di fine tappa per ogni giornata sono solitamente due o tre, questo perché i parchi distano centinaia di chilometri e tra di loro c’è soprattutto strada, non centri abitati. Questo semplifica la scelta della città dove dormire, ma c’è anche un’altra cosa da considerare: i parchi più grandi hanno più accessi e, a seconda di ciò che volete visitare del parco e della città da cui provenite potreste scegliere un accesso piuttosto che un altro. 

Giorno 3: a piedi lungo il Golden Gate Bridge e il primo imprevisto con l’auto

Prima di lasciare per sempre San Francisco dobbiamo tornare a far visita a uno dei simboli della città: il Golden Gate Bridge. Abbiamo solo tre ore prima di recarci all'autonoleggio e ritirare l'auto, quindi per risparmiare tempo decidiamo di raggiungere il ponte in taxi. Arriviamo a destinazione alle 11:30: la nebbia è alta e riusciamo così ad apprezzare l’imponenza del ponte che si lancia sopra il mare dello stretto da cui prende il nome. Molte persone percorrono la via ciclopedonale, ci uniamo a loro: camminando sul ponte siamo sferzati da un vento freddo e mentre avanziamo la prima delle due torri che sostengono il ponte tenendo tirati i grossi cavi d’acciaio si mostra a noi in tutta la sua grandezza. Alla nostra sinistra le automobili scorrono lungo ben 6 corsie e i sensi di marcia sono distinti da paletti gialli che spuntano dalla pavimentazione e che mi sembrano vagamente pericolosi, mentre guardando a destra riusciamo a scorgere l’isola di Alcatraz da un’angolazione nuova, scorgendo la sua costa più rocciosa.

Il fascino del Golden Gate Bridge è dovuto anche alla misteriosa nebbia che lo avvolge

Giungiamo ai piedi della prima torre, un gigante di cui non riusciamo a scorgere la fine, che si perde nella nebbia. Noto le scale utilizzate dagli operai per i lavori di manutenzione della struttura: non soffro di vertigini, ma lo spettacolo è da brividi! Le scale sembrano piccolissime, così come le passerelle, e penso a quanto forte deve soffiare il vento lassù, già fastidioso all'altezza a cui mi trovo. Ci fermiamo qualche minuto a contemplare il fascino del ponte e della baia e in lontananza scorgiamo il Bay Bridge, che attraverseremo tra poche ore e che ci porterà fuori dalla città.

Giorno 3: nel cuore della prigione


La visita prosegue con il blocco D, quello dell’isolamento: qui le celle sono leggermente più grandi, ma appaiono più fredde e buie. Delle 336 celle del carcere, queste erano le più temute: chi era detenuto qui restava in cella 24 ore al giorno e aveva diritto ad una sola visita settimanale al cortile, in solitudine, scortato dalle guardie. Passiamo oltre e arriviamo alla libreria, che ospitava ben 15.000 volumi di vario genere e argomento (ma nessuno riguardante sesso, crimini o violenza), un luogo il cui accesso i prigionieri dovevano guadagnarsi comportandosi in modo corretto e disciplinato.

La ricostruzione dell'interno di una cella: ad alcuni
detenuti era consentito dipingere

E’ il momento del racconto della battaglia di Alcatraz, un tentativo di fuga avvenuto nel maggio 1946, quando sei detenuti riuscirono a scappare dalle celle (utilizzando uno strumento – formato da un tubo, un dado e un bullone – che si erano costruiti per allargare lo spazio tra le sbarre) e ad impadronirsi di fucili e pistole. La rivolta durò due giorni, sull’isola arrivarono persino i Marines, due guardie persero la vita e numerosi detenuti rimasero feriti dagli scontri a fuoco, ma alla fine i tre fuggiaschi sopravvissuti si arresero: due di loro furono condannati a morte, al terzo vennero riconosciute attenuanti e restò in carcere fino al 1973. Ancora oggi nei muri e nel pavimento di alcune zone della prigione è possibile vedere i segni delle sparatorie.

Alcatraz: le foto dell'isola prigione

Se avete letto le pagine del Diario (se non l'avete fatto, iniziate cliccando qui) sapete quanto ho apprezzato il tour di Alcatraz: le foto che seguono vi consentiranno di raggiungere l'isola e di entrare nella prigione! Riconoscerete i luoghi che ho descritto e troverete anche qualcosa di nuovo. Vi lascio con una curiosità e una domanda: l'isola deve il proprio nome agli uccelli marini che un tempo la popolavano e che ancora oggi sono numerosi, quanti uccelli riuscite a contare nelle foto che seguono?

Cliccate su una foto per ingrandirla, poi potrete utilizzare i tasti direzionali della tastiera per scorrerle: buona visione!

Pier 33, il molo da cui ha inizio il viaggio
Pier 33, il molo da cui ha inizio il viaggio

L'inconfondibile profilo di Alcatraz
L'inconfondibile profilo di Alcatraz

Sono le 9:00 e il Golden Gate Bridge è già avvolto dalla nebbia
Sono le 9:00 e il Golden Gate Bridge è già avvolto dalla nebbia

Giorno 3: il nostro ingresso ad Alcatraz


Di fronte al Building 64 ascoltiamo il discorso di benvenuto di un membro del National Park Service che, insieme all'ex-guardia oggi scrittore Ernest Lageson, inizia a raccontarci la storia dell’isola e ad indicarci la posizione dei bagni, la risposta alla domanda che più spesso gli viene posta, ci dice. Terminita la presentazione, ci avviamo verso l’edificio principale dell’isola, quello che ospita le celle, posto sulla sommità della collina. Durante la camminata superiamo edifici abbandonati, alcuni in rovina, segnati dal passare del tempo: si ha l’impressione che l’isola si sia fermata al 1963, anno della chiusura del carcere e da allora sia lasciata al suo destino, popolata soltanto da stormi di uccelli marini. Le targhette sugli edifici, indicanti ad esempio le residenze dei militari e delle loro famiglie, la centrale elettrica, la lavanderia e l’ufficio postale, ricordano che sull’isola non c’era solo una prigione ma un complesso sistema che la manteneva in vita, un sistema così costoso da decretarne la chiusura.

Uno dei tanti uccelli che sorvegliano la prigione

Entrati nell’edificio principale, riceviamo la preziosa audioguida che ci accompagnerà lungo il nostro tour, grazie alla voce narrante, disponibile anche in italiano, che ci guida in un percorso all’interno della prigione, raccontando aneddoti su ciò che stiamo vedendo, dando voce alle guardie e ai prigionieri del carcere, coinvolgendoci con musiche ed effetti sonori, ottenendo la nostra totale attenzione. La maggior parte dei visitatori porta le cuffie ed è intento ad ascoltare l’audioguida, cosicché non ci sono turisti che chiacchierano, gridano o si agitano, rovinando l’atmosfera.


La carta di credito: come funziona e perché è indispensabile per un viaggio negli Stati Uniti


Gli Stati Uniti sono il paese della plastic money, in certi posti pagare in contanti, in particolare cifre superiori ai 50 $, è davvero strano: pensate di poter partire senza possedere una carta di credito a voi intestata? Vi sbagliate! E una carta di credito sola potrebbe persino non bastare, vediamo perché.

Dollari, carta di credito, scontrini e una vincita al casinò!

Carta prepagata o carta di credito?

Se possedete carte prepagate o ricaricabili e pensate di aver risolto il problema, non è così: per gestire le prenotazioni su internet alcuni siti le accettano ma, per altre operazione che compirete sul suolo americano, come il check-in in un hotel e soprattutto il noleggio di un’auto, è fondamentale possedere una carta di credito non elettronica, ovvero una di quelle con i numeri e il nome e cognome del titolare in rilievo sulla carta, che sono in grado di gestire sia le transazioni elettroniche tramite POS, sia le transazioni con macchinette manuali, che sfruttano appunto il fatto che i dati sono in rilievo sulla carta e per questo è possibile prenderne l’impronta. Questo tipo di carta dà delle garanzie importanti a chi, ad esempio, vi sta noleggiando un’auto e difficilmente ve ne darà le chiavi se vi presentate con una semplice carta ricaricabile, che potrete invece utilizzare, come già detto, per prenotare l’auto su internet per poi ritirarla utilizzando una carta di credito non elettronica a voi intestata.